Uno studio di fotografia nel mondo della digitalizzazione globale, è ancora una necessità?
Parliamone insieme.
Ma una cosa va approfondita: argomento di discussione più tra i fotografi che tra i clienti, è il concetto ormai anacronistico di avere uno studio di fotografia a tutti i costi per il fotografo di matrimonio.
But one thing needs to be deepened: a topic of discussion more among photographers than clients, is the now anachronistic concept of having a photographic studio at all costs for the wedding photographer.
Ragioniamoci.
Avere uno studio di fotografia può essere comodo per adibirlo a “ufficio” dove organizzare appuntamenti con i clienti, mostrare book fotografici, magari fungere da vetrina passiva (se in una strada molto affollata di una città molto popolosa e, possibilmente, in quartieri altolocati), o essere utili per servizi collaterali a quello del matrimonio come ritratti di coppia, famiglia, bambini, neonati, servizi di gravidanza e così via.
Tutto vero, ma quanto costa?
Immaginiamolo a Roma, la città dove lavoro abitualmente oltre alla mia amata Toscana: considerando uno spazio utile di almeno settanta metri quadrati, suddiviso in accoglienza clienti, sala editing e posa, costa in zone borghesi, circa 900 euro al mese. Esatto, 900 euro al mese.
Si aggiungono una serie di costi collaterali come utenze acqua, luce e gas, mobili, allarmi, impianti di condizionamento e riscaldamento, insegna esterna e molto altro. Ogni mese, avere l’unica certezza di spendere circa 1.500 euro per uno studio di fotografia che non è sempre pieno di clienti paganti, soprattutto di questi tempi, è un grosso punto a sfavore.
Sono uscite certe per almeno 18.000 euro l’anno.
Un fotografo di matrimoni è costretto ad addebitare una somma che va dai 250 ai 500 euro sul costo finale del servizio per mantenere aperto il suo studio.
Le coppie entrano in studio in media tre volte: la prima per il preventivo e toccare con mano gli album, la seconda per la firma del contratto e la terza per ritirare le foto e gli album stampati. E ad oggi, come ci ha abituato la pandemia, sono tutte azioni che si possono svolgere in videochiamata su qualsiasi piattaforma di videoconferenza gratuita (Google Meet, Zoom, Microsoft Teams, Skype per citarne alcuni).
I contatti web (messaggio diretto sui social network, email, Whatsapp) stanno aumentando vertiginosamente e il tempo libero delle persone è sempre meno.
Infine, una tendenza che sta prendendo sempre più piede e che arriva dall’estero, è quella di essere invitati direttamente a casa dalle coppie di futuri sposi: la coppia non è obbligata aad uscire, il fotografo non è obbligato a gestire uno studio e gli album fotografici possono essere mostrati allo stesso modo, soprattutto se hai il buon gusto di averne al massimo uno o due ed è automaticamente un sopralluogo della prima location che il fotografo vedrà: la casa della sposa.
Durante i servizi matrimoniali, poi, lo studio non può rimanere vuoto e quindi deve essere chiuso al pubblico e lo stesso vale per qualsiasi altro lavoro commissionato in location.
Così ho capito che probabilmente non è così fondamentale avere uno studio su strada ma, al contrario, non averlo per niente permette una maggiore sostenibilità per il fotografo e un risparmio importante (o un non aumento dei prezzi) per il cliente finale.
Un fotografo di matrimonio è costretto ad addebitare una somma che va dai 250 ai 500 euro sul costo finale del servizio per mantenere aperto il suo studio.
Per me, che viaggio costantemente tra Roma e Toscana, non è più un investimento indispensabile ma, al contrario, vincolante. Uno dei vantaggi di questo lavoro, scegliendo la libera professione, è quello di poter gestire il tempo nel modo che più mi si addice e con uno studio fotografico su strada, tutto perde questo senso di libertà.
Come sto vivendo la mia professione, soprattutto dopo l’arrivo del Coronavirus?
Applicando il minimalismo in ogni campo possibile: ho chiuso e restituito le chiavi dello studio dove incontravo i clienti nel centro di Roma, sopra Piazza Di Spagna, ho smontato la sala pose che avevo in Toscana con 5.000 metri quadri di attrezzatura e sono tornato ad una libertà di movimento prima impensabile. Io e il mio Mac, io e la mia Sony. Ho tutto, perché la fotografia che tanto piace alle coppie è nella mia testa, nelle mie mani.
Siamo artigiani, non dimentichiamolo mai.
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